Lentezza … mezza Saggezza?

In questa stagione estiva che alterna giorni ventosi a piogge torrenziali e sole cocente, il mio giardino si è riempito di chiocciole. Si nascondono dietro ai vasi dei fiori, tra le assi di legno che sostengono l’orto, oppure si arrampicano sui vetri delle porte al piano terra. Sono creature graziose, silenziose e discretamente onnipresenti. A parte quando divorano allegramente le mie fragole, mi stanno molto simpatiche. Intanto, sono innamorata della casetta a spirale che portano sempre con loro. E poi come resistere a quegli occhietti che spuntano in cima ai cornini esitanti? Da bambina mi sono spesso chiesta come vede il mondo una chiocciola.

Trovo spesso gusci vuoti. E li raccolgo sempre. Vari colori, varie dimensioni. Ne avevo accumulato un bel mucchietto sul mio tavolo da disegno: sentivo che prima o poi ne avrei fatto qualcosa. E infatti qualche giorno fa ho preso un bel sasso di fiume e mi è venuto spontaneo disegnarci sopra la stessa spirale delle chiocciole – con una colla piena di pagliette dorate – e poi attaccare lungo il suo percorso un po’ di gusci, come se si stessero muovendo dal centro alla periferia del sasso. Ecco qua cosa è venuto fuori:

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Elogio della lentezza – Sasso di fiume e chiocciole        Panna

Mentre incollavo i gusci, ho sentito che tra le mie mani stava nascendo un piccolo omaggio alla lentezza. È da quando sono piccola che ricevo “frecciatine” da parte di chi – super efficiente e scattante – prende decisioni alla velocità del fulmine, porta avanti progetti faraonici, tappa dopo tappa, con la stessa inesorabile precisione con cui la palla da bowling butta giù un birillo dopo l’altro. Ho sempre provato ammirazione per questo tipo di persone efficienti e determinate. Peccato però che la mia ammirazione fosse spesso velata da un vago senso di colpa per non essere così anche io. Basta un attimo ad un adulto frettoloso e ansioso per incitare una bambina spesso immersa nelle sue fantasticherie a “darsi da fare”, a “smettere di poltrire”, a “non essere pigra” e “a rendersi utile”.

Grazie alle mie amiche chiocciole ci ho pensato molto, ultimamente: ma la lentezza e la pigrizia sono davvero sinonimi? Se non corri trafelata ogni giorno e ogni minuto come “fanno tutti” sei automaticamente una scansa fatiche, una persona “poco produttiva”? Orrore ed onta, non stai producendo PIL!!!!

E se invece la lentezza fosse un modo d’essere per lasciar spazio alla presenza, all’attenzione? E se in realtà tanti “pigri” di questo mondo (occidentale) fossero semplicemente dei contemplativi? Cum templum: è questa l’etimologia di “contemplare”. Risale a quando gli auguri etruschi e latini delimitavano con una bacchetta, il lituo, una porzione di cielo da osservare per trarre auspici dal volo degli uccelli che lo attraversavano. La contemplazione è uno sguardo verso l’alto, verso i significati nascosti delle cose, verso gli spazi azzurri dentro di noi. Ed è un nostro diritto sacrosanto.

È molto bello andare piano: si ha il tempo di gustare ogni istante, di vedere dettagli che sfuggono quando si va di fretta. Se vai lentamente, c’è anche lo spazio per la sorpresa, la meraviglia. E se sei pieno di meraviglia emozioni tossiche come la sfiducia e la preoccupazione, l’ansia e l’angoscia, non trovano posto. E dato che, come ripetono i maestri di Qigong (e non solo loro) da secoli, l’energia va dove va l’attenzione, ossia il Qi segue l’intenzione Yi, ecco che ti ritrovi pieno di vitalità, di gioia. E magari a questo punto ti arriva pure un’intuizione su qualcosa da fare, da creare, che poi realizzerai pian piano, gustandoti ogni fase del processo, rispettando i TUOI tempi.

È questo che fanno tutte le persone creative: tempi di incubazione dilatati e sotterranei che preparano lo scoccare della scintilla di un’idea, poi la realizzazione dell’opera, che spesso a sua volta richiede tempi lunghi e meditati. Il processo creativo viene prima covato nell’oscurità come un uovo, poi un lampo improvviso lo precipita nel mondo, dove raggiunge il suo compimento con i giusti tempi, trasformandosi in puro nutrimento per l’anima di chi presta mani e cuore a questo suo compiersi. Nel Qigong e nel Taijichuan, la lentezza è veicolo di consapevolezza; è anche accumulo di energia che ci consente di muoverci fulminei quando serve, o quando è il momento giusto per farlo.

La chiocciola ci insegna pure un’altra cosa: a far di noi stessi la nostra dimora. “Casa” è qui dentro, nel cuore, nel Sé. È il punto di partenza della spirale della Vita: se sei ben radicato al centro di te stesso puoi esplorare il mondo accorgendoti subito di cosa sia davvero necessario e cosa non lo sia. I gusci di ogni chiocciola sono perfetti: né troppo grandi, né troppo piccoli. Crescono CON i loro abitanti, millimetro dopo millimetro. A nessuna chiocciola viene in mente di costruirsi un secondo piano o un portico, o a fare un super guscione per far… sbavare (d’invidia) le altre!

A scuola ci hanno insegnato che le chiocciole sono ermafrodite: un piccolo miracolo della natura. Hanno bisogno di un’altra chiocciola per accoppiarsi, ma il sesso lo decidono lì per lì, nella foga della passione. Un bell’esempio di non attaccamento, vero? Uno smacco per il femminismo e il machismo.

Insomma, il messaggio delle chiocciole è un po’… rivoluzionario. Questa cosa l’ha scoperta prima di me il celebre scrittore Luis Sepúlveda, che racconta la favola deliziosa di un’anonima chiocciola che confida alla saggia amica tartaruga il suo desiderio di scoprire le ragioni della propria lentezza; grazie a questa sua curiosità, partirà all’avventura e ne ricaverà pure un nome:

«… “Dimmi prima cosa cerchi” rispose la tartaruga, e la lumaca le spiegò che voleva conoscere i motivi della propria lentezza […] La tartaruga cercò con più calma del solito le parole per replicare e le raccontò che durante la sua permanenza presso gli umani aveva imparato molte cose.
Per esempio che quando un umano faceva domande scomode, del tipo: “È necessario andare così in fretta?” oppure “Abbiamo davvero bisogno di tutte queste cose per essere felici?”, lo chiamavano Ribelle. “Ribelle, mi piace questo nome!” sussurrò la lumaca
».

Luis Sepúlveda – Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza

Ce lo dice anche un esimio neuro scienziato, Lamberto Maffei, nel suo esile ma intenso libretto intitolato Elogio della Lentezza: il nostro cervello è un organismo lento, molto più lento dei computer che utilizziamo ogni giorno e che ci obbligano a ritmi innaturali, logoranti.  

In un mondo che corre vorticosamente, con logiche spesso incomprensibili, il problema della lentezza si affaccia alla mente con prepotenza, come una meta del pensiero e della via da percorrere. Andare più veloci non significa conoscere più di quello che la strada offre e nessuno vuole arrivare prima alla fine della propria strada”.

E già… ci hai mai pensato? L’alfa e l’omega della nostra esistenza sono le stesse per tutti: nascita e morte. Perché correre a perdifiato per arrivare prima al traguardo? Prima di chi? Prima di che cosa? Un’immagine la dice più di mille parole: guardate questa gif creata dall’artista Bill Demonkos, le cui di opere in movimento hanno spesso un retrogusto un po’ surreale, a volte macabro…

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Drop Dead di Bill Demonkos tratto dalla performance Allez Mourir Plus Loin

Consiglio anche di guardare il video in cui il sopracitato Prof. Lamberto Maffei presenta il suo Elogio della Lentezza; soprattutto dal minuto 38 in poi, quando spiega come l’essere umano non sia stato costruito per l’alta velocità. Durante la sua presentazione, questo scienziato cita anche il famoso ossimoro latino caro a Cosimo I de’ Medici, Festina Lente – affrettati lentamente – che nel bellissimo Salone dei Cinquecento a Firenze è più volte rappresentato con l’immagine paradossale di una tartaruga con la vela. L’invito è questo: sii efficiente, ma senza rinunciare al tesoro della riflessione e della serenità.

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Sono consapevole che un articoletto come questo possa irritare – a ragione – chi magari fa il metalmeccanico da una vita per pagare il mutuo e mandare i figli a scuola e consentire una vita dignitosa alla propria famiglia: il tempo per guardare il cielo ne ha davvero poco. Penso anche a qualcuno che fa un lavoro dipendente, o l’insegnante (magari anche madre, moglie e con genitori anziani in casa), e via dicendo. Ovviamente mi riferisco a persone che non fanno il proprio lavoro per passione, ma controvoglia, solo perché “devono”. Tanti sono coloro che svolgono il proprio lavoro con amore, per fortuna, e spero tu sia uno di questi. Ma la nostra esistenza è tutt’altro che semplice, ci rimane spesso solo il Festina, senza il Lente.

A questo punto ci siamo arrivati tutti insieme, abbiamo contribuito tutti alla generale follia. Da brava inguaribile ottimista, tuttavia, credo che a tutti sia data la possibilità di semplificarsi la vita, in più occasioni. Anzi, non è ottimismo il mio, è realismo. Parto infatti dalla mia esperienza, da quello che ho vissuto. La lentezza è un tratto di carattere, alcuni nascono ghepardi, altri tartarughe, ma è anche qualcosa che si costruisce, si conquista, scelta dopo scelta. Rinunciando al superfluo per tenere solo il necessario, ad esempio. O anteponendo il più spesso possibile l’essere all’avere. Sarebbe bello insegnare la lentezza ai bambini – o piuttosto, lasciare che i bambini RIMANGANO contemplativi, per diventare poi adulti capaci di dire NO a chi cerca di costringerli alla fretta e all’ansia per consumare cose di cui non hanno davvero bisogno e per inseguire false sicurezze. È un pensiero ribelle? Ebbene sì, se vuoi, chiamami pure Ribelle, come la chiocciola protagonista del libro di Sepúlveda. Meglio Ribelle che asservita. Meglio lenta che irrequieta, scontenta e lamentosa. Tre stati d’animo che sono stati miei per anni, prima di volgere la vela verso altri lidi per approdare, scelta dopo scelta, dove sono ora. Ora ho tempo di fare cose prive di qualsiasi effetto sul PIL come incollare gusci di chiocciole su un sasso e scrivere articoletti come questo. E sai che c’è? Questo mi rende immensamente felice. Auguro anche a te di rallentare e di essere felice.

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Mi fermo qui – Animmagine di Panna

P.S.: per non farci mancar nulla, aggiungo un link ad una musica molto bella, scritta dal compositore estone Arvo Pärt per orchestra d’archi ed arpa, che si intitola proprio Festina Lente. Buon ascolto!

5 Replies to “Lentezza … mezza Saggezza?”

  1. Grazie panna io sono una gazzella scattante che finora non sapeva apprezzare la lentezza e guarda caso da pochi giorni ho letto il libro che hai citato di sepulveda e con il tuo articolo mi sto ricredendo, avanzando con l’età mi auguro di sperimentare questa virtù . Baci.

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  2. È già c’è un mondo da scoprire dentro e fuori di noi quando ci “permettiamo” di vivere con lentezza, grandi tesori si svelano appena ci poniamo nella dolce attesa dell’ osservare !
    Che bello,grazie

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  3. Non é facile trovare il giusto equilibrio tra efficienza e lentezza ma è quello a cui tutti dovremmo arrivare per gustare appieno e con consapevolezza la vita…..ci sarebbe molto da dire….ma iniziamo a vivere….

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