Dolore accecante

In questi giorni, guardando alcune immagini di famiglie ucraine in fuga, ho avuto a tratti la sensazione di essere giunta alle radici del dolore. Una forma disincarnata, impalpabile e onnipervadente di sofferenza, senza ragione, senza biografia. Il dolore, scarnificato delle proprie connotazioni autobiografiche, diventa qualcosa di nudo, tagliente, abbacinante. È come quando guardi verso una fonte di luce abbagliante: accecato, non riesci più a vedere l’origine del fulgore. Ultimamente, mi succede qualcosa di molto strano: comincio a percepire il dolore come una forma luminosa. È come se, alle radici, alla fonte, esso si fonda e si confonda con un nucleo caldo e freddo al contempo, un cuore pulsante e lacerato fatto di sistole e diastole, dove non puoi più distinguere il gelo estremo dal calore estremo, che bruciano allo stesso modo sulla pelle del cuore.


Il dolore è ombra in agguato, è vulcano spento, è lettera morta. Nasce dalle strade imboccate senza amore. È la vetta più alta della miseria umana, eppure è anche la cima da scalare per chi vuole scoprire il Cielo e le proprie ali. È precipizio, è vuoto buio, è colore senza colore. Il dolore è una strada vecchia, è forse il vecchio che muore per dar vita al NUOVO. All’uomo nuovo, l’Uomo Vero. Ma affinché questo accada occorre attraversare questo dolore, guardare dritto nei suoi occhi di drago fiammeggiante.

Non sono in grado di offrire soluzioni al dolore, ma come ogni essere umano mi tocca affrontarlo. Mi aiuta molto immergermi nelle sue acque scure utilizzando pennello, matite, colla e furia creativa… e mentre mi lascio andare nel flusso – e nei flutti – giungono inaspettate immagini che in qualche modo danno sollievo a quello che sto provando, e a volte gettano luce, e senso, sul groviglio dei sentimenti. Il lavoro qui sotto ne è un esempio. Non lo commenterò, lascio ad ognuno la libertà di assaporarlo come vuole.

Animmagine di Panna – collage e tecnica mista su carta

Altre volte sorgono spontanee parole poetiche, come questo haiku, che poi si è illustrato da solo con una fotografia:

Ineluttabile
è l’ombra del dolore:
illuminala!

L’ombra del dolore – fotografia di Panna

C’è anche una sorta di certezza profonda che mi aiuta: so (per esperienza) che ogni cosa che ci viene incontro è un dono. Sì, anche il dolore. Le perle più belle sono elaborazioni di corpuscoli estranei, di parti non riconosciute del proprio Sé. Più l’ostrica elabora questo ”ospite” indesiderato, più la perla sarà perfetta, sferica, lucente e luminosa. Come un piccolo specchio della Luce. Chi non incontra ostacoli non può elaborare perle. Perciò, anche gli ostacoli sono un bene, sono doni preziosi.

Sta a noi poi vederli solo come “ostacoli” o “punti di partenza” per un lavoro di abbellimento del mondo: ogni corpo estraneo abbracciato e superato crea una perla unica che va ad arricchire lo scrigno del cuore. La Luce si avvale di una potenza di moltiplicazione ben al di là dell’esponenziale. Una sola perla può diventare, per moltiplicazione umana e celeste, un oceano di Luce.

Paradossalmente, la percezione del dolore è l’inizio della guarigione. Se poniamo l’armonia (ognuno ne ha una percezione tutta sua) alla base e al centro della nostra esistenza, scopriamo che tutto ciò che non vibra all’unisono – ossia con il suono dell’Uno – con essa è automaticamente disarmonico. Ogni volta che ci discostiamo dall’armonia unificatrice, è come se si alzasse un cartello indicatore che ci riporta verso il giusto sentiero, verso l’armonia. Perciò, ribellarsi al dolore è come assassinare la propria guida.

La guida, tuttavia, può essere sostituita, se comprendiamo l’origine del dolore: se comprendiamo, se siamo consapevoli, non occorre più questo tipo di guida e ne sopraggiunge una più gentile; gradatamente, non ci verrà più in mente di provare sentieri che non sono quello – armonico – sul quale stiamo già camminando. Ci potrebbe ancora capitare di allontanarcene un attimo, di perderci. Ma il ritrovarci è sempre più veloce e meno doloroso. Diventiamo così guide di noi stessi, in profondo e continuo ascolto interiore, grati a chi ci ha preceduto sul Cammino. E tutto si fonde nel Cammino stesso.

Sarò forse un’ingenua, ma mi pare a momenti che tutto questo dolore che attraversa il mondo intero in questo strano periodo sia l’araldo di grandi cambiamenti. L’unica via d’uscita è il risveglio alla propria vera natura celeste, divina. Ognuno nel suo piccolo può cessare di essere complice di qualsiasi forma, anche la più infinitesimale, di divisione, di odio, di giudizio. Ci vuole coraggio a dire basta e ad affrontare il drago fiammeggiante, non c’è dubbio. Ma ce ne vuole molto di più a continuare a soffrire così, o no?

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One Reply to “Dolore accecante”

  1. Panna! Ciao! Sono Federico il figlio di Cristiana. Brava, complimenti! La tua compassione è segno di grande sofferenza vissuta in passato. Mi viene da scrivere che dopo una grande sofferenza, c’è sempre una grande gioia! L’inverno si trasforma in primavera, sempre! Le grandi sofferenze dell’essere umano rimarranno sempre, nascita, invecchiamento, malattia e morte. Siddarta o Shakiamuni, conosciuto come Buddah, ha emanato il discorso del Loto che fa in modo a tutti coloro che lo ascoltano, lo scrivono o lo praticano, di indossare gli abiti del karma e trasformare il veleno in medicina.
    Ti abbraccio e grazie!!!

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